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GUN FAITH

You Can’t Stop e Gun Faith, presentate a Neoludica – Art is a game 2011 I 1966 - 54a Esposizione Internazionale d'Arte, Biennale di Venezia, eventi collaterali - a cura di Debora Ferrari e Luca Traini, sono due animazioni semi-interattive realizzate con un software marcatamente user quale Power Point. Nella convinzione che non esista di fatto un mezzo espressivo "finito", o improponibile perchè "datato". Ed in continuità con l’intento di stravolgere le funzioni e la natura di oggetti, materiali e tecnologie reinventandone utilizzi impropri, ampiamente sperimentato in altri progetti (dall'impiego di un software musicale per programmare regie di luci cromatiche ad una reinterpretazione dell'Intonarumori di Russolo che vedeva comuni elettrodomestici quali aspirapolveri o asciugacapelli eseguire una partitura computerizzata).

Gun Faith mette in scena un duello tra armi a fuoco che appaiono dotate di vita propria, come se la presenza dell'uomo (qui del tutto esclusa) fosse puramente accessoria rispetto alla "vocazione" unica, ontologica ed irriducibile, che strumenti di questo tipo non possono che riconfermare anche quando abbandonati a sé stessi (nel senso di evocarne la propria natura, ovvero la sola ragione per cui sono stati progettati e costruiti): quella di annientare e distruggere il proprio antagonista. Allo stesso tempo, il ritmo esasperatamente slow-motion dello scontro mette in atto un senso di frustrazione e di impotenza nei confronti dello spettatore-giocatore, facilmente riconducibile ad una dimensione onirica intesa a ridicolizzare l'uso delle armi e della violenza, nel tentativo utopistico (consapevolmente vanificato da un finale autoironico) di poter un giorno rimuoverne definitivamente e radicalmente il ricorso.

 

L'utilizzo non convenzionale di Power Point (uno dei software più diffusi in ambito professionale, cui si è automaticamente portati ad associare l'immagine del manager, dei grafici di andamento aziendale, del marketing, della comunicazione d'impresa) per creare improbabili animazioni dalla forte impronta ludica e surreale, esaspera l'interrogativo circa il diritto dell'individuo adulto a dedicare il proprio tempo ad attività altre, rispetto a quelle comunemente ritenute lecite e opportune, ovvero consone al proprio ruolo sociale.

Ponendo implicitamente l'interrogativo circa il diritto di utilizzare gli strumenti della produzione per elaborare linguaggi e forme estranee, se non aliene, rispetto agli obiettivi primari degli stessi: quelli di creare prodotti e servizi inequivocabilmente riconoscibili come tali, secondo parametri e valori stabiliti dal sistema dell'industria, del commercio e dell'advertising. Altrettanto implicitamente, la domanda viene quindi ad estendersi al diritto o meno di dedicare il proprio tempo, se non la propria intera esistenza, a creare elementi d'arte dalla marcata (o presunta?) apparenza di inutilità, piuttosto di impiegare le stesse risorse per garantire a sé stessi e alla società una produttività "correttamente" orientata secondo le aspettative rispondenti al "senso comune del dovere".

(dal catalogo "ARTE E VIDEOGAMES" - SKIRA Editore - 2011)

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